mercoledì 23 maggio 2007

Breve analisi sulla comunicazione interpersonale

Breve analisi sulla comunicazione interpersonale

Il concetto di comunicazione come “messa in comune” è sottolineato dagli aspetti relativi alla costruzione sociale della realtà che gli attori contribuiscono a creare e le relative competenze necessarie in tale lavoro di espressione da un lato e di ricostruzione della realtà dall’altro.

Questo concetto è vicino a quello di comunicazione come scambio, come condivisione e sottolinea la partecipazione attiva del destinatario nel dare il proprio consenso e a quello di comunicazione come relazione sociale in cui gli attori sono consapevoli del processo di mutua influenza.

Altri rimarcano il concetto di comunicazione come inferenza, come processo di deduzione messo in atto nell’utilizzare e interpretare indizi colti nei messaggi. Altri ancora sottolineano il concetto di comunicazione come ermeneutica per indicare il lavoro interpretativo autonomo che ogni ricevente inevitabilmente utilizza nel dare un proprio senso a quanto gli viene comunicato, rinforzando la distinzione tra l’intenzione del mittente e il conferimento di significato del destinatario.

La comunicazione può definirsi come la modalità attraverso cui si instaurano, si strutturano, si sviluppano le relazioni sociali e si afferma il “se” nel mondo come attori individuali e/o collettivi. La comunicazione si inserisce all’interno di un contesto culturale di riferimento in cui un emittente, trasmettendo un contenuto tramite un canale ed un codice condivisi col ricevente, può ricevere dal destinatario un feedback comunicativo. La comunicazione è culturalmente modellata in un ambito culturale definito in cui gli aspetti di contenuto e quelli di relazione vengono determinati secondo una codificazione ed una simbologia accettata e condivisa.

Per comunicazione interpersonale si intende quel processo che coinvolge almeno due persone e un contesto. Tale processo è interattivo, circolare, dinamico, evolutivo, irreversibile e soggetto all’influenza di molteplici fattori: gli attori della comunicazione e la loro relazione, il contenuto che si stanno scambiando, il modo con cui se lo scambiano, il contesto in cui avviene l’interazione, gli obiettivi generali e individuali dell’incontro, le strategie di comunicazione dei singoli e la flessibilità con la quale reagiscono all’evoluzione del processo.



Approcci, assiomi e fattori di efficacia della comunicazione



Il libro “Pragmatica della comunicazione umana” (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971) ha posto le basi di un nuovo paradigma della comunicazione evidenziando cinque assiomi. Gli assiomi prestano attenzione agli effetti pragmatici dell’azione comunicazionale e danno valore all’influenza reciproca di tutti i fattori coinvolti

L’approccio pragmatico esamina la comunicazione interpersonale come un processo irreversibile, in continua evoluzione in cui le persone coinvolte si influenzano reciprocamente.

L’approccio strategico considera invece la comunicazione un atto appreso, che va guidato ed educato. La conoscenza delle tecniche di comunicazione interpersonale fa divenire più consapevoli dei numerosi fattori che influenzano l’interazione.
La sintassi si occupa dei rapporti formali dei segni tra loro, dell’ordinamento delle parole, del loro accordo e collegamento nella proposizione e nel periodo, senza riferimento al contenuto significativo. La semantica studia i significati delle parole nella loro evoluzione storica e si occupa delle relazioni dei segni con ciò che designano.

Gli assiomi della pragmatica della comunicazione sono:

1) non si può non comunicare: quando due persone si trovano in un’unità spazio-temporale fanno autenticamente parte di un processo di comunicazione;

2) ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione: quando due persone comunicano tra loro si scambiano un certo contenuto e contemporaneamente inviano dei messaggi che implicitamente tendono a qualificare la relazione in corso;

3) la comunicazione è un processo circolare: ogni sequenza di comunicazione è causa del fenomeno che segue ed effetto di quello che lo ha preceduto;

4) la comunicazione è verbale e analogica: gli esseri umani comunicano non solo con le parole, con il linguaggio verbale - altrimenti detto digitale perché composto da segnali discreti rappresentati dalle lettere dell’alfabeto -, ma anche con il corpo e con la voce - altrimenti detto linguaggio analogico - perché offre una rappresentazione analogica, continua di ciò che si intende comunicare;

5) gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari: gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza; nella relazioni simmetriche la relazione tra i comunicanti è equilibrata mentre in quella complementare uno dei due o più attori assume una posizione superiore, one up, e invita l’altro, o gli altri, ad adottare la posizione complementare o corrispondente inferiore, one down.

Gli assiomi della pragmatica della comunicazione conducono al fenomeno dell’irreversibilità dell’atto comunicazionale: una volta che il messaggio è stato inviato e che ha prodotto i suoi effetti non lo si può più cancellare.

L’esperto di comunicazione si addestra a prestare attenzione, durante ogni fase della comunicazione in corso, al feedback che sta ottenendo dall’interlocutore.

Il feedback è l’insieme delle risposte, verbali e analogiche, fornite dall’interlocutore durante la relazione comunicazionale.

I fattori che influenzano il grado di efficacia di una comunicazione sono:

1) l’identità dei comunicanti: l’identità può essere personale (età, sesso, genere, etnia, caratteristiche fisiche), sociale (ruoli sociali svolti all’interno della famiglia, di una classe sociale o di un ceto), professionale (aspetti legati alla professione esercitata, allo status raggiunto e all’autorità riconosciuta) e spirituale (aspetti relativi alla fede professata, ai valori etici, al credo o sentimento religioso);

2) relazione dei comunicanti: la relazione degli attori contribuisce a qualificare alcuni aspetti dell’identità; soprattutto quando viene esercitato un ruolo, gli attori della comunicazione, recitano delle parti (Goffman);

3) il contenuto della comunicazione: il contenuto di cui si parla richiede trattazioni diverse secondo il livello culturale degli interlocutori e la loro implicazione psicologica ed emotiva;

4) il linguaggio: è il canale dell’espressione soggettiva e serve per rappresentare quella realtà che si vuole condividere; la scelta del lessico congiunge le modalità espressive con contenuti cognitivi e processi emotivi;

5) congruenza tra linguaggio verbale e linguaggio analogico: è di estrema importanza curare la congruenza tra quello che si dice e come lo si esprime, tra le parole pronunciate e i toni e i gesti che lo accompagnano;

6) canale di trasmissione: il canale di trasmissione ha la sua influenza; una comunicazione vis a vis è diversa da una telefonica, via Internet o scritta. Il canale influenza il messaggio: Mc Luhan sostiene che il mezzo è il messaggio;

7) il contesto: la comunicazione interpersonale implica la condivisione spazio-temporale della situazione in cui avviene lo scambio comunicazionale; il processo di comunicazione va dunque inserito nella matrice contestuale in cui si svolge;

8) gli obiettivi: in senso lato lo scopo della comunicazione è quello di aumentare la condivisione, lo scambio, la reciprocità di cognizioni ed emozioni;

9) flessibilità delle strategie utilizzate: è necessario disporre di diverse strategie per gestire con flessibilità i comportamenti appropriati in relazione agli obiettivi posti.



Modi della comunicazione: analogica e verbale



Il linguaggio analogico offre una rappresentazione analogica, continua, del contenuto che si intende comunicare e caratterizza le comunicazioni non verbali e paraverbali. La comunicazione analogica non può essere isolata dalla comunicazione verbale perché le due forme di comunicazione, verbale e non verbale, costituiscono un insieme non separabile, se non artificialmente, per fini didattici.

1) La comunicazione non verbale riguarda la postura, la prossemica, le espressioni del viso, movimenti delle braccia e delle mani e le comunicazioni cinesiche.

La postura rappresenta il modo di disporre nello spazio le parti del corpo e consente di distinguere la funzione comunicativa da quella espressiva.

La prossemica indica due aspetti del modo di collocarsi e di presentarsi socialmente e di relazionarsi fisicamente con le altre persone: l’uso dello spazio, la prossimità in termini di vicinanza/distanza e la posizione del corpo, di fianco o di fronte.

Le espressioni del viso costituiscono un insieme di segnalazione involontaria che indica le principali reazioni emotive (gli occhi non sono bugiardi).

I movimenti e i gesti delle braccia e delle mani accompagnano il linguaggio enfatizzando e punteggiando il messaggio parlato.

Le comunicazioni mimiche o cinesiche determinano atti linguistici poiché sono gesti emblematici (ad esempio alzare la mano per chiedere parola), descrittivi (gesti che scandiscono le parti salienti del discorso illustrando in modo più forte concetti espressi verbalmente), di regolazione (ad esempio ondeggiare la mano per attenuare la forza di un concetto), di adattamento (posizionamento del corpo per dominare stati d’animo o adeguare la propria espressione al contesto), di manifestazione affettiva (ad esempio la carezza).

2) La comunicazione paraverbale riguarda la prosodia, i toni, il tempo, il timbro, il volume della voce. La paralinguistica studia i fenomeni collaterali (para), concomitante all’enunciazione verbale. Le modalità secondo cui ogni proposizione può essere enunciata sono: il tono, il volume, il tempo ed il timbro.

Il tono è principalmente un indicatore dell’intenzione e del senso che si da a quello che si dice e può esprimere entusiasmo, disappunto, interesse, noia, coinvolgimento, apatia, apprezzamento o disgusto.

Il volume riguarda prevalentemente l’intensità sonora, il modo di calibrare la voce in base alla distanza dall’interlocutore;

Il tempo, le pause, la lentezza o velocità assolute possono servire come fattori che sottolineano, accentuano o sfumano il significato verbale.

Il timbro è l’insieme delle caratteristiche individuali della voce gutturale, nasale, soffocata; è il colore della voce.

La comunicazione verbale è costituita dal linguaggio, uno strumento di cui ci si serve per tradurre l’esperienza interna in concetti e per esprimere i propri pensieri e trasformarli in processo interpersonale, sociale.

Il processo di percezione degli stimoli esterni subiscono interferenze causate dai filtri neuro-fisiologici, socio culturali e psicologici.

I filtri neuro fisiologici sono di natura genetica e limitano la mera capacità percettiva.

I filtri socio-culturali condizionano la capacità cognitiva e derivano dall’appartenere a una data comunità, cultura, gruppo etnico, religione, zona geografica.

I filtri psicologici personali possono condizionare il potenziale cognitivo, emotivo ed esperenziale dell’individuo.

La linguistica tende a differenziare il piano denotativo da quello connotativi:il piano denotativo indica la relazione mietente tra una parola e l’oggetto cui si riferisce in termini meramente referenziali;

il piano connotativo incorpora invece un giudizio di valore sulla forza evocativa che la parola in sé contiene.

Le parole rappresentano la più piccola unità dell’aspetto esecutivo del processo linguistico (Vygotsky). Ciascuna parola contiene caratteristiche distintive che possono essere utilizzate in modo diverso secondo la forza con cui esprimere le proprie intenzioni. Le parole possono essere descrittive (descrivono fenomeni osservabili), valoriali (assegnano valore ad oggetti, persone stati d’animo e sono generalmente astratte), interpretative (sono meramente soggettive e si basano sui processi di attribuzione e categorizzazione). La scelta delle parole forma il registro linguistico.

L’atto linguistico riguarda i mezzi linguistici che le persone usano per compiere le più comuni azioni sociali ed evidenzia il carattere d’azione del linguaggio che ha la capacità di provocare effetti sul ricevente.

I cinque atti linguistici sono:

1) verdettivi: constatare, descrivere, dire a qualcuno come stanno le cose;

2) esercitivi: cercare di far fare qualcosa a qualcuno;

3) commissivi: impegnarsi a fare qualcosa, assumere impegni;

4) espositivi: esprimere i propri sentimenti interiori;

5) comportativi: causare cambiamenti attraverso le parole.

Il linguista R. Jakobson ha fissato le funzioni relazionali degli atti linguistici assegnando alla comunicazione linguistica sei funzioni relazionali correlate coi fattori che agiscono nel processo di comunicazione: emittente, canale, messaggio, codice, contesto e destinatario.

Le sei funzioni sono:

1) funzione di contatto sociale: serve per rassicurare che si è instaurato il contatto o per verificare che lo si sta mantenendo;

2) funzione conoscitiva esplorativa: serve per conoscere, esplorare la realtà e formularne concettualmente diverse dimensioni o aspetti, con domande, curiosità, giudizi, valutazioni;

3) funzione referenziale: serve per riferire resoconti o commenti;

4) funzione espressiva: serve per esprimere valutazioni, emozioni, giudizi sulla situazione cui si partecipa;

5) funzione conativa: serve per indurre, spingere o stimolare negli altri determinati comportamenti;

6) funzione metalinguistica: serve per discutere il codice prescelto, serve per interrogarsi sulla comunicazione stessa.



Stili di comunicazione e comunicazione indiretta



Per stile si intende la tendenza a privilegiare un modo di esprimersi e di relazionarsi che può essere utile in certe circostanze e disfunzionale in altre. Gli stili della comunicazione sono: stile passivo, aggressivo, manipolativo, assertivo.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile passivo sono caratterizzate da un atteggiamento di minimizzazione delle proprie posizioni, dalla rinuncia a esprimere le proprie idee. Lo stile passivo può essere utile quando non abbiamo intenzione di dedicare energie e ci fidiamo dell’interlocutore.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile aggressivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a mostrare la superiorità di chi parla nei confronti del suo interlocutore. Nello stile aggressivo c’è la tendenza a ipervalutare se stessi e a sottovalutare gli altri. Lo stile aggressivo può essere utile quando vogliamo far valutare i nostri diritti.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile manipolativo sono caratterizzati da atteggiamenti tesi a raggirare l’altra persona con l’intenzione di ottenere una risposta a proprio vantaggio. La manipolazione delle informazioni porta ad alterare, a trasmetterle in modo parziale, non pertinente o congruente, a privilegiare ambiguità espositive. La manipolazione delle emozioni riguarda l’adozione di comportamenti di seduzione, di dissimulazione dei propri sentimenti, emozioni e pensieri tesi a ottenere qualcosa dall’interlocutore che crede invece alla veridicità di quanto dichiarato. Lo stile manipolativo può essere utile quando abbiamo qualcosa da nascondere o da proteggere.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile assertivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a far valere le proprie opinioni, meriti, sensazioni, diritti, nel pieno riconoscimento e rispetto di quelli degli altri. E’ utile usare lo stile assertivo quando vale la pena instaurare un rapporto basato sul riconoscimento dei propri e altrui diritti.

A volte chi parla può voler dire ciò che esprime letteralmente, altre volte può sottintendere un contenuto opposto, come nel caso dell’ironia, altre volte ancora desidera inviare richieste implicite che spera l’interlocutore intuisca. Quando ciò accade chi parla si avvale di atti linguistici indiretti che consentono di ottenere la risposta desiderata senza esprimerla apertamente. Negli atti linguistici indiretti chi parla comunica all’ascoltatore diversi messaggi contemporaneamente, fidandosi del bagaglio di conoscenze linguistiche e relazionali dell’ascoltatore, del suo intuito, della sua capacità di rispondere in modo empatico. Alcuni tipi di messaggi indiretti studiati dai linguisti pragmatici sono: i postulati conversazionali, i presupposti linguistici, le ambiguità, i truismi e le metafore.

I postulati conversazionali sono modi convenzionali, espressioni idiomatiche di porgere richieste che mascherano l’intenzione imperativa o di porre domande senza sembrare intrusivi.

I presupposti linguistici costituiscono la parte sommersa del discorso in quanto stanno prima e sotto ciò che viene pronunciato, e fungono da fondamenta in quanto sorreggono il sovrastante discorso manifesto.

L’ambiguità, ovvero la tecnica di esprimere più significati contemporaneamente, è un elemento strutturale del linguaggio.

Un altro modo per inviare messaggi indiretti e quello di ricorrere a luoghi comuni e ai truismi, ovvero quel complesso di affermazioni ovvie con cui si può intendere altro rispetto al detto.

Nell’ambito retorico la metafora è una figura che esprime una similitudine consistente nel trasferimento a un oggetto il nome proprio di un altro stabilendo un rapporto di analogia; la metafora opera quindi uno spostamento di significato attraverso una parentela di somiglianze.



Comunicazione persuasiva e negoziazione del conflitto

La comunicazione persuasiva intende stimolare nell’ascoltatore l’adesione alla tesi contenuta nel messaggio usando la forza della parola che fa accedere senza costringere, che obbliga senza creare un vincolo di necessità. Il linguaggio persuasivo è prevalentemente indiretto, sensorialmente specificato, suggestivo, evocativo, analogico, metaforico.

La forza persuasiva si fonda sulla conoscenza dell’interlocutore, delle sue aspirazioni, delle sue debolezze, sull’utilizzo delle regole retoriche, e il messaggio persuasivo si avvale di fattori strutturali, valoriali, affettivi.

I fattori strutturali riguardano l’organizzazione del discorso, la scelta dei contenuti e delle argomentazioni, quelli valoriali si riferiscono ai valori universali condivisi dall’ascoltatore e quelli affettivi alle emozioni come leva per l’azione. La persuasione può essere centrate sul persuasore, sul contenuto o sul persuadendo. La persuasione è centrata sul persuasore quando chi parla utilizza se stesso come strumento persuasivo, quando crede che basta la sua presenza per persuadere (attrattiva, forza espressiva, potere). La persuasione è centrata sul contenuto quando che intende persuadere si affida a un’esposizione sicura, con riferimenti precisi, affidabili, con collegamenti pertinenti, seguendo più la logica dei fatti che quella delle idee e delle ideologie (metodo, dimostrazione, evidenza).

La persuasione è centrata sul persuadendo quando il relatore bada più alle eventuali relazioni degli interlocutori e tenta di persuaderli in diversi modi (coinvolgimento, manipolazione). La negoziazione è un processo in cui due o più interlocutori si impegnano per risolvere uno stesso problema partendo da interessi opposti rispetto alle soluzioni, da posizioni di potere reciprocamente relativo.

Il processo negoziale stimola un continuo e mutevole confronto non solo sugli obiettivi della trattativa ma anche sulla volontà di perseguirli, sull’atteggiamento negoziale che gli interlocutori assumono, sulle abilità personali, sull’equilibrio di potere percepito e attribuito, legittimato e riconosciuto e sulla gestione del conflitto. Si può gestire il conflitto con diversi approcci: l’approccio di tipo competitivo si avvale di tecniche di persuasione e di manipolazione;

l’approccio di tipo accomodante è un approccio passivo in cui si è pronti a concedere o a cedere posizioni;

l’approccio compromissorio opera espliciti richiami ad obiettivi di ordine superiore o ricorre a terzi elementi in gioco;

l’approccio collaborativo richiede un confronto aperto, un processo di negoziazione basato sul principio Io vinco/Tu vinci.



Riferimenti bibliografici



BARBIERI G. E LO MORO V., "Utenti e P.A.", Il Mulino, Bologna, 1996

CALIGIURI M., "Lineamenti di comunicazione pubblica", Rubettino Editore

CAVALLONE M. E COLLEONI L., Il marketing degli enti locali, Franco Angeli

CERASE F.P., "Pubblica amministrazione", Carocci Editore, Roma, 1998

FACCIOLI F., "Comunicazione pubblica e cultura del servizio", Carocci

FEDELE M., "Come cambiano le amministrazioni pubbliche", Editori Laterza

INVERNIZZI E., "Relazioni Pubbliche", Mc Graw Hill

KOTLER P., "Al servizio del pubblico", Etaslibri, 1975

N. LUHMANN, "Sistemi sociali", il Mulino, 2000

MANCINI P., "Manuale di comunicazione pubblica", Editori Laterza, 1996

MELIS G., "La burocrazia", Il Mulino, Bologna, 1998

PITASI A., "Comunicazione strategica", Esculapio, 1997

ROLANDO S., "Un paese spiegabile", Etaslibri, Milano, 1998

ROVINETTI A., "L’informazione e la città", Franco Angeli Editore, 1992

ROVINETTI, Diritto di parola, Il sole 24 Ore, 2000

WOLF M., Teorie delle comunicazioni di massa, Bompiani editore



timbro.

Il tono è principalmente un indicatore dell’intenzione e del senso che si da a quello che si dice e può esprimere entusiasmo, disappunto, interesse, noia, coinvolgimento, apatia, apprezzamento o disgusto.

Il volume riguarda prevalentemente l’intensità sonora, il modo di calibrare la voce in base alla distanza dall’interlocutore;

Il tempo, le pause, la lentezza o velocità assolute possono servire come fattori che sottolineano, accentuano o sfumano il significato verbale.

Il timbro è l’insieme delle caratteristiche individuali della voce gutturale, nasale, soffocata; è il colore della voce.

La comunicazione verbale è costituita dal linguaggio, uno strumento di cui ci si serve per tradurre l’esperienza interna in concetti e per esprimere i propri pensieri e trasformarli in processo interpersonale, sociale.

Il processo di percezione degli stimoli esterni subiscono interferenze causate dai filtri neuro-fisiologici, socio culturali e psicologici.

I filtri neuro fisiologici sono di natura genetica e limitano la mera capacità percettiva.

I filtri socio-culturali condizionano la capacità cognitiva e derivano dall’appartenere a una data comunità, cultura, gruppo etnico, religione, zona geografica.

I filtri psicologici personali possono condizionare il potenziale cognitivo, emotivo ed esperenziale dell’individuo.

La linguistica tende a differenziare il piano denotativo da quello connotativi:il piano denotativo indica la relazione mietente tra una parola e l’oggetto cui si riferisce in termini meramente referenziali;

il piano connotativo incorpora invece un giudizio di valore sulla forza evocativa che la parola in sé contiene.

Le parole rappresentano la più piccola unità dell’aspetto esecutivo del processo linguistico (Vygotsky). Ciascuna parola contiene caratteristiche distintive che possono essere utilizzate in modo diverso secondo la forza con cui esprimere le proprie intenzioni. Le parole possono essere descrittive (descrivono fenomeni osservabili), valoriali (assegnano valore ad oggetti, persone stati d’animo e sono generalmente astratte), interpretative (sono meramente soggettive e si basano sui processi di attribuzione e categorizzazione). La scelta delle parole forma il registro linguistico.

L’atto linguistico riguarda i mezzi linguistici che le persone usano per compiere le più comuni azioni sociali ed evidenzia il carattere d’azione del linguaggio che ha la capacità di provocare effetti sul ricevente.

I cinque atti linguistici sono:

1) verdettivi: constatare, descrivere, dire a qualcuno come stanno le cose;

2) esercitivi: cercare di far fare qualcosa a qualcuno;

3) commissivi: impegnarsi a fare qualcosa, assumere impegni;

4) espositivi: esprimere i propri sentimenti interiori;

5) comportativi: causare cambiamenti attraverso le parole.

Il linguista R. Jakobson ha fissato le funzioni relazionali degli atti linguistici assegnando alla comunicazione linguistica sei funzioni relazionali correlate coi fattori che agiscono nel processo di comunicazione: emittente, canale, messaggio, codice, contesto e destinatario.

Le sei funzioni sono:

1) funzione di contatto sociale: serve per rassicurare che si è instaurato il contatto o per verificare che lo si sta mantenendo;

2) funzione conoscitiva esplorativa: serve per conoscere, esplorare la realtà e formularne concettualmente diverse dimensioni o aspetti, con domande, curiosità, giudizi, valutazioni;

3) funzione referenziale: serve per riferire resoconti o commenti;

4) funzione espressiva: serve per esprimere valutazioni, emozioni, giudizi sulla situazione cui si partecipa;

5) funzione conativa: serve per indurre, spingere o stimolare negli altri determinati comportamenti;

6) funzione metalinguistica: serve per discutere il codice prescelto, serve per interrogarsi sulla comunicazione stessa.



Stili di comunicazione e comunicazione indiretta



Per stile si intende la tendenza a privilegiare un modo di esprimersi e di relazionarsi che può essere utile in certe circostanze e disfunzionale in altre. Gli stili della comunicazione sono: stile passivo, aggressivo, manipolativo, assertivo.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile passivo sono caratterizzate da un atteggiamento di minimizzazione delle proprie posizioni, dalla rinuncia a esprimere le proprie idee. Lo stile passivo può essere utile quando non abbiamo intenzione di dedicare energie e ci fidiamo dell’interlocutore.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile aggressivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a mostrare la superiorità di chi parla nei confronti del suo interlocutore. Nello stile aggressivo c’è la tendenza a ipervalutare se stessi e a sottovalutare gli altri. Lo stile aggressivo può essere utile quando vogliamo far valutare i nostri diritti.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile manipolativo sono caratterizzati da atteggiamenti tesi a raggirare l’altra persona con l’intenzione di ottenere una risposta a proprio vantaggio. La manipolazione delle informazioni porta ad alterare, a trasmetterle in modo parziale, non pertinente o congruente, a privilegiare ambiguità espositive. La manipolazione delle emozioni riguarda l’adozione di comportamenti di seduzione, di dissimulazione dei propri sentimenti, emozioni e pensieri tesi a ottenere qualcosa dall’interlocutore che crede invece alla veridicità di quanto dichiarato. Lo stile manipolativo può essere utile quando abbiamo qualcosa da nascondere o da proteggere.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile assertivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a far valere le proprie opinioni, meriti, sensazioni, diritti, nel pieno riconoscimento e rispetto di quelli degli altri. E’ utile usare lo stile assertivo quando vale la pena instaurare un rapporto basato sul riconoscimento dei propri e altrui diritti.

A volte chi parla può voler dire ciò che esprime letteralmente, altre volte può sottintendere un contenuto opposto, come nel caso dell’ironia, altre volte ancora desidera inviare richieste implicite che spera l’interlocutore intuisca. Quando ciò accade chi parla si avvale di atti linguistici indiretti che consentono di ottenere la risposta desiderata senza esprimerla apertamente. Negli atti linguistici indiretti chi parla comunica all’ascoltatore diversi messaggi contemporaneamente, fidandosi del bagaglio di conoscenze linguistiche e relazionali dell’ascoltatore, del suo intuito, della sua capacità di rispondere in modo empatico. Alcuni tipi di messaggi indiretti studiati dai linguisti pragmatici sono: i postulati conversazionali, i presupposti linguistici, le ambiguità, i truismi e le metafore.

I postulati conversazionali sono modi convenzionali, espressioni idiomatiche di porgere richieste che mascherano l’intenzione imperativa o di porre domande senza sembrare intrusivi.

I presupposti linguistici costituiscono la parte sommersa del discorso in quanto stanno prima e sotto ciò che viene pronunciato, e fungono da fondamenta in quanto sorreggono il sovrastante discorso manifesto.

L’ambiguità, ovvero la tecnica di esprimere più significati contemporaneamente, è un elemento strutturale del linguaggio.

Un altro modo per inviare messaggi indiretti e quello di ricorrere a luoghi comuni e ai truismi, ovvero quel complesso di affermazioni ovvie con cui si può intendere altro rispetto al detto.

Nell’ambito retorico la metafora è una figura che esprime una similitudine consistente nel trasferimento a un oggetto il nome proprio di un altro stabilendo un rapporto di analogia; la metafora opera quindi uno spostamento di significato attraverso una parentela di somiglianze.



Comunicazione persuasiva e negoziazione del conflitto

La comunicazione persuasiva intende stimolare nell’ascoltatore l’adesione alla tesi contenuta nel messaggio usando la forza della parola che fa accedere senza costringere, che obbliga senza creare un vincolo di necessità. Il linguaggio persuasivo è prevalentemente indiretto, sensorialmente specificato, suggestivo, evocativo, analogico, metaforico.

La forza persuasiva si fonda sulla conoscenza dell’interlocutore, delle sue aspirazioni, delle sue debolezze, sull’utilizzo delle regole retoriche, e il messaggio persuasivo si avvale di fattori strutturali, valoriali, affettivi.

I fattori strutturali riguardano l’organizzazione del discorso, la scelta dei contenuti e delle argomentazioni, quelli valoriali si riferiscono ai valori universali condivisi dall’ascoltatore e quelli affettivi alle emozioni come leva per l’azione. La persuasione può essere centrate sul persuasore, sul contenuto o sul persuadendo. La persuasione è centrata sul persuasore quando chi parla utilizza se stesso come strumento persuasivo, quando crede che basta la sua presenza per persuadere (attrattiva, forza espressiva, potere). La persuasione è centrata sul contenuto quando che intende persuadere si affida a un’esposizione sicura, con riferimenti precisi, affidabili, con collegamenti pertinenti, seguendo più la logica dei fatti che quella delle idee e delle ideologie (metodo, dimostrazione, evidenza).

La persuasione è centrata sul persuadendo quando il relatore bada più alle eventuali relazioni degli interlocutori e tenta di persuaderli in diversi modi (coinvolgimento, manipolazione). La negoziazione è un processo in cui due o più interlocutori si impegnano per risolvere uno stesso problema partendo da interessi opposti rispetto alle soluzioni, da posizioni di potere reciprocamente relativo.

Il processo negoziale stimola un continuo e mutevole confronto non solo sugli obiettivi della trattativa ma anche sulla volontà di perseguirli, sull’atteggiamento negoziale che gli interlocutori assumono, sulle abilità personali, sull’equilibrio di potere percepito e attribuito, legittimato e riconosciuto e sulla gestione del conflitto. Si può gestire il conflitto con diversi approcci: l’approccio di tipo competitivo si avvale di tecniche di persuasione e di manipolazione;

l’approccio di tipo accomodante è un approccio passivo in cui si è pronti a concedere o a cedere posizioni;

l’approccio compromissorio opera espliciti richiami ad obiettivi di ordine superiore o ricorre a terzi elementi in gioco;

l’approccio collaborativo richiede un confronto aperto, un processo di negoziazione basato sul principio Io vinco/Tu vinci.



Approcci, assiomi e fattori di efficacia della comunicazione


Il libro “Pragmatica della comunicazione umana” (Watzlawick, Beavin, Jackson, 1971) ha posto le basi di un nuovo paradigma della comunicazione evidenziando cinque assiomi. Gli assiomi prestano attenzione agli effetti pragmatici dell’azione comunicazionale e danno valore all’influenza reciproca di tutti i fattori coinvolti

L’approccio pragmatico esamina la comunicazione interpersonale come un processo irreversibile, in continua evoluzione in cui le persone coinvolte si influenzano reciprocamente.

L’approccio strategico considera invece la comunicazione un atto appreso, che va guidato ed educato. La conoscenza delle tecniche di comunicazione interpersonale fa divenire più consapevoli dei numerosi fattori che influenzano l’interazione.

La sintassi si occupa dei rapporti formali dei segni tra loro, dell’ordinamento delle parole, del loro accordo e collegamento nella proposizione e nel periodo, senza riferimento al contenuto significativo. La semantica studia i significati delle parole nella loro evoluzione storica e si occupa delle relazioni dei segni con ciò che designano.

Gli assiomi della pragmatica della comunicazione sono:

1) non si può non comunicare: quando due persone si trovano in un’unità spazio-temporale fanno autenticamente parte di un processo di comunicazione;

2) ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto ed uno di relazione: quando due persone comunicano tra loro si scambiano un certo contenuto e contemporaneamente inviano dei messaggi che implicitamente tendono a qualificare la relazione in corso;

3) la comunicazione è un processo circolare: ogni sequenza di comunicazione è causa del fenomeno che segue ed effetto di quello che lo ha preceduto;

4) la comunicazione è verbale e analogica: gli esseri umani comunicano non solo con le parole, con il linguaggio verbale - altrimenti detto digitale perché composto da segnali discreti rappresentati dalle lettere dell’alfabeto -, ma anche con il corpo e con la voce - altrimenti detto linguaggio analogico - perché offre una rappresentazione analogica, continua di ciò che si intende comunicare;

5) gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari: gli scambi di comunicazione sono simmetrici o complementari, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza; nella relazioni simmetriche la relazione tra i comunicanti è equilibrata mentre in quella complementare uno dei due o più attori assume una posizione superiore, one up, e invita l’altro, o gli altri, ad adottare la posizione complementare o corrispondente inferiore, one down.

Gli assiomi della pragmatica della comunicazione conducono al fenomeno dell’irreversibilità dell’atto comunicazionale: una volta che il messaggio è stato inviato e che ha prodotto i suoi effetti non lo si può più cancellare.

L’esperto di comunicazione si addestra a prestare attenzione, durante ogni fase della comunicazione in corso, al feedback che sta ottenendo dall’interlocutore.

Il feedback è l’insieme delle risposte, verbali e analogiche, fornite dall’interlocutore durante la relazione comunicazionale.

I fattori che influenzano il grado di efficacia di una comunicazione sono:

1) l’identità dei comunicanti: l’identità può essere personale (età, sesso, genere, etnia, caratteristiche fisiche), sociale (ruoli sociali svolti all’interno della famiglia, di una classe sociale o di un ceto), professionale (aspetti legati alla professione esercitata, allo status raggiunto e all’autorità riconosciuta) e spirituale (aspetti relativi alla fede professata, ai valori etici, al credo o sentimento religioso);

2) relazione dei comunicanti: la relazione degli attori contribuisce a qualificare alcuni aspetti dell’identità; soprattutto quando viene esercitato un ruolo, gli attori della comunicazione, recitano delle parti (Goffman);

3) il contenuto della comunicazione: il contenuto di cui si parla richiede trattazioni diverse secondo il livello culturale degli interlocutori e la loro implicazione psicologica ed emotiva;

4) il linguaggio: è il canale dell’espressione soggettiva e serve per rappresentare quella realtà che si vuole condividere; la scelta del lessico congiunge le modalità espressive con contenuti cognitivi e processi emotivi;

5) congruenza tra linguaggio verbale e linguaggio analogico: è di estrema importanza curare la congruenza tra quello che si dice e come lo si esprime, tra le parole pronunciate e i toni e i gesti che lo accompagnano;

6) canale di trasmissione: il canale di trasmissione ha la sua influenza; una comunicazione vis a vis è diversa da una telefonica, via Internet o scritta. Il canale influenza il messaggio: Mc Luhan sostiene che il mezzo è il messaggio;

7) il contesto: la comunicazione interpersonale implica la condivisione spazio-temporale della situazione in cui avviene lo scambio comunicazionale; il processo di comunicazione va dunque inserito nella matrice contestuale in cui si svolge;

8) gli obiettivi: in senso lato lo scopo della comunicazione è quello di aumentare la condivisione, lo scambio, la reciprocità di cognizioni ed emozioni;

9) flessibilità delle strategie utilizzate: è necessario disporre di diverse strategie per gestire con flessibilità i comportamenti appropriati in relazione agli obiettivi posti.



Modi della comunicazione: analogica e verbale



Il linguaggio analogico offre una rappresentazione analogica, continua, del contenuto che si intende comunicare e caratterizza le comunicazioni non verbali e paraverbali. La comunicazione analogica non può essere isolata dalla comunicazione verbale perché le due forme di comunicazione, verbale e non verbale, costituiscono un insieme non separabile, se non artificialmente, per fini didattici.

1) La comunicazione non verbale riguarda la postura, la prossemica, le espressioni del viso, movimenti delle braccia e delle mani e le comunicazioni cinesiche.

La postura rappresenta il modo di disporre nello spazio le parti del corpo e consente di distinguere la funzione comunicativa da quella espressiva.

La prossemica indica due aspetti del modo di collocarsi e di presentarsi socialmente e di relazionarsi fisicamente con le altre persone: l’uso dello spazio, la prossimità in termini di vicinanza/distanza e la posizione del corpo, di fianco o di fronte.

Le espressioni del viso costituiscono un insieme di segnalazione involontaria che indica le principali reazioni emotive (gli occhi non sono bugiardi).

I movimenti e i gesti delle braccia e delle mani accompagnano il linguaggio enfatizzando e punteggiando il messaggio parlato.

Le comunicazioni mimiche o cinesiche determinano atti linguistici poiché sono gesti emblematici (ad esempio alzare la mano per chiedere parola), descrittivi (gesti che scandiscono le parti salienti del discorso illustrando in modo più forte concetti espressi verbalmente), di regolazione (ad esempio ondeggiare la mano per attenuare la forza di un concetto), di adattamento (posizionamento del corpo per dominare stati d’animo o adeguare la propria espressione al contesto), di manifestazione affettiva (ad esempio la carezza).

2) La comunicazione paraverbale riguarda la prosodia, i toni, il tempo, il timbro, il volume della voce. La paralinguistica studia i fenomeni collaterali (para), concomitante all’enunciazione verbale. Le modalità secondo cui ogni proposizione può essere enunciata sono: il tono, il volume, il tempo ed il timbro.

Il tono è principalmente un indicatore dell’intenzione e del senso che si da a quello che si dice e può esprimere entusiasmo, disappunto, interesse, noia, coinvolgimento, apatia, apprezzamento o disgusto.

Il volume riguarda prevalentemente l’intensità sonora, il modo di calibrare la voce in base alla distanza dall’interlocutore;

Il tempo, le pause, la lentezza o velocità assolute possono servire come fattori che sottolineano, accentuano o sfumano il significato verbale.

Il timbro è l’insieme delle caratteristiche individuali della voce gutturale, nasale, soffocata; è il colore della voce.

La comunicazione verbale è costituita dal linguaggio, uno strumento di cui ci si serve per tradurre l’esperienza interna in concetti e per esprimere i propri pensieri e trasformarli in processo interpersonale, sociale.

Il processo di percezione degli stimoli esterni subiscono interferenze causate dai filtri neuro-fisiologici, socio culturali e psicologici.

I filtri neuro fisiologici sono di natura genetica e limitano la mera capacità percettiva.

I filtri socio-culturali condizionano la capacità cognitiva e derivano dall’appartenere a una data comunità, cultura, gruppo etnico, religione, zona geografica.

I filtri psicologici personali possono condizionare il potenziale cognitivo, emotivo ed esperenziale dell’individuo.

La linguistica tende a differenziare il piano denotativo da quello connotativi:il piano denotativo indica la relazione mietente tra una parola e l’oggetto cui si riferisce in termini meramente referenziali;

il piano connotativo incorpora invece un giudizio di valore sulla forza evocativa che la parola in sé contiene.

Le parole rappresentano la più piccola unità dell’aspetto esecutivo del processo linguistico (Vygotsky). Ciascuna parola contiene caratteristiche distintive che possono essere utilizzate in modo diverso secondo la forza con cui esprimere le proprie intenzioni. Le parole possono essere descrittive (descrivono fenomeni osservabili), valoriali (assegnano valore ad oggetti, persone stati d’animo e sono generalmente astratte), interpretative (sono meramente soggettive e si basano sui processi di attribuzione e categorizzazione). La scelta delle parole forma il registro linguistico.

L’atto linguistico riguarda i mezzi linguistici che le persone usano per compiere le più comuni azioni sociali ed evidenzia il carattere d’azione del linguaggio che ha la capacità di provocare effetti sul ricevente.

I cinque atti linguistici sono:

1) verdettivi: constatare, descrivere, dire a qualcuno come stanno le cose;

2) esercitivi: cercare di far fare qualcosa a qualcuno;

3) commissivi: impegnarsi a fare qualcosa, assumere impegni;

4) espositivi: esprimere i propri sentimenti interiori;

5) comportativi: causare cambiamenti attraverso le parole.

Il linguista R. Jakobson ha fissato le funzioni relazionali degli atti linguistici assegnando alla comunicazione linguistica sei funzioni relazionali correlate coi fattori che agiscono nel processo di comunicazione: emittente, canale, messaggio, codice, contesto e destinatario.

Le sei funzioni sono:

1) funzione di contatto sociale: serve per rassicurare che si è instaurato il contatto o per verificare che lo si sta mantenendo;

2) funzione conoscitiva esplorativa: serve per conoscere, esplorare la realtà e formularne concettualmente diverse dimensioni o aspetti, con domande, curiosità, giudizi, valutazioni;

3) funzione referenziale: serve per riferire resoconti o commenti;

4) funzione espressiva: serve per esprimere valutazioni, emozioni, giudizi sulla situazione cui si partecipa;

5) funzione conativa: serve per indurre, spingere o stimolare negli altri determinati comportamenti;

6) funzione metalinguistica: serve per discutere il codice prescelto, serve per interrogarsi sulla comunicazione stessa.



Stili di comunicazione e comunicazione indiretta



Per stile si intende la tendenza a privilegiare un modo di esprimersi e di relazionarsi che può essere utile in certe circostanze e disfunzionale in altre. Gli stili della comunicazione sono: stile passivo, aggressivo, manipolativo, assertivo.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile passivo sono caratterizzate da un atteggiamento di minimizzazione delle proprie posizioni, dalla rinuncia a esprimere le proprie idee. Lo stile passivo può essere utile quando non abbiamo intenzione di dedicare energie e ci fidiamo dell’interlocutore.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile aggressivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a mostrare la superiorità di chi parla nei confronti del suo interlocutore. Nello stile aggressivo c’è la tendenza a ipervalutare se stessi e a sottovalutare gli altri. Lo stile aggressivo può essere utile quando vogliamo far valutare i nostri diritti.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile manipolativo sono caratterizzati da atteggiamenti tesi a raggirare l’altra persona con l’intenzione di ottenere una risposta a proprio vantaggio. La manipolazione delle informazioni porta ad alterare, a trasmetterle in modo parziale, non pertinente o congruente, a privilegiare ambiguità espositive. La manipolazione delle emozioni riguarda l’adozione di comportamenti di seduzione, di dissimulazione dei propri sentimenti, emozioni e pensieri tesi a ottenere qualcosa dall’interlocutore che crede invece alla veridicità di quanto dichiarato. Lo stile manipolativo può essere utile quando abbiamo qualcosa da nascondere o da proteggere.

Le comunicazioni in cui prevale uno stile assertivo sono caratterizzate da atteggiamenti tesi a far valere le proprie opinioni, meriti, sensazioni, diritti, nel pieno riconoscimento e rispetto di quelli degli altri. E’ utile usare lo stile assertivo quando vale la pena instaurare un rapporto basato sul riconoscimento dei propri e altrui diritti.

A volte chi parla può voler dire ciò che esprime letteralmente, altre volte può sottintendere un contenuto opposto, come nel caso dell’ironia, altre volte ancora desidera inviare richieste implicite che spera l’interlocutore intuisca. Quando ciò accade chi parla si avvale di atti linguistici indiretti che consentono di ottenere la risposta desiderata senza esprimerla apertamente. Negli atti linguistici indiretti chi parla comunica all’ascoltatore diversi messaggi contemporaneamente, fidandosi del bagaglio di conoscenze linguistiche e relazionali dell’ascoltatore, del suo intuito, della sua capacità di rispondere in modo empatico. Alcuni tipi di messaggi indiretti studiati dai linguisti pragmatici sono: i postulati conversazionali, i presupposti linguistici, le ambiguità, i truismi e le metafore.

I postulati conversazionali sono modi convenzionali, espressioni idiomatiche di porgere richieste che mascherano l’intenzione imperativa o di porre domande senza sembrare intrusivi.

I presupposti linguistici costituiscono la parte sommersa del discorso in quanto stanno prima e sotto ciò che viene pronunciato, e fungono da fondamenta in quanto sorreggono il sovrastante discorso manifesto.

L’ambiguità, ovvero la tecnica di esprimere più significati contemporaneamente, è un elemento strutturale del linguaggio.

Un altro modo per inviare messaggi indiretti e quello di ricorrere a luoghi comuni e ai truismi, ovvero quel complesso di affermazioni ovvie con cui si può intendere altro rispetto al detto.

Nell’ambito retorico la metafora è una figura che esprime una similitudine consistente nel trasferimento a un oggetto il nome proprio di un altro stabilendo un rapporto di analogia; la metafora opera quindi uno spostamento di significato attraverso una parentela di somiglianze.



Comunicazione persuasiva e negoziazione del conflitto

La comunicazione persuasiva intende stimolare nell’ascoltatore l’adesione alla tesi contenuta nel messaggio usando la forza della parola che fa accedere senza costringere, che obbliga senza creare un vincolo di necessità. Il linguaggio persuasivo è prevalentemente indiretto, sensorialmente specificato, suggestivo, evocativo, analogico, metaforico.

La forza persuasiva si fonda sulla conoscenza dell’interlocutore, delle sue aspirazioni, delle sue debolezze, sull’utilizzo delle regole retoriche, e il messaggio persuasivo si avvale di fattori strutturali, valoriali, affettivi.

I fattori strutturali riguardano l’organizzazione del discorso, la scelta dei contenuti e delle argomentazioni, quelli valoriali si riferiscono ai valori universali condivisi dall’ascoltatore e quelli affettivi alle emozioni come leva per l’azione. La persuasione può essere centrate sul persuasore, sul contenuto o sul persuadendo. La persuasione è centrata sul persuasore quando chi parla utilizza se stesso come strumento persuasivo, quando crede che basta la sua presenza per persuadere (attrattiva, forza espressiva, potere). La persuasione è centrata sul contenuto quando che intende persuadere si affida a un’esposizione sicura, con riferimenti precisi, affidabili, con collegamenti pertinenti, seguendo più la logica dei fatti che quella delle idee e delle ideologie (metodo, dimostrazione, evidenza).

La persuasione è centrata sul persuadendo quando il relatore bada più alle eventuali relazioni degli interlocutori e tenta di persuaderli in diversi modi (coinvolgimento, manipolazione). La negoziazione è un processo in cui due o più interlocutori si impegnano per risolvere uno stesso problema partendo da interessi opposti rispetto alle soluzioni, da posizioni di potere reciprocamente relativo.

Il processo negoziale stimola un continuo e mutevole confronto non solo sugli obiettivi della trattativa ma anche sulla volontà di perseguirli, sull’atteggiamento negoziale che gli interlocutori assumono, sulle abilità personali, sull’equilibrio di potere percepito e attribuito, legittimato e riconosciuto e sulla gestione del conflitto. Si può gestire il conflitto con diversi approcci: l’approccio di tipo competitivo si avvale di tecniche di persuasione e di manipolazione;

l’approccio di tipo accomodante è un approccio passivo in cui si è pronti a concedere o a cedere posizioni;

l’approccio compromissorio opera espliciti richiami ad obiettivi di ordine superiore o ricorre a terzi elementi in gioco;

l’approccio collaborativo richiede un confronto aperto, un processo di negoziazione basato sul principio Io vinco/Tu vinci.

Continua…..

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